A dirlo è il documento "Potenzialità e ostacoli per l’economia circolare in Italia” presentato dal Circular Economy Network in occasione della prima edizione del Premio Nazionale dedicato alle startup dell’economia circolare in Italia. «Riduzione degli sprechi alimentari e dell’usa e getta, azioni per allungare la vita dei prodotti, per migliorarne la riparabilità e facilitarne la rivendita dovranno diventare obiettivi comuni, così come l’adozione di politiche che accrescano il riciclo della materia, l’aumento della raccolta differenziata, le tecnologie innovative», ha sottolineato il presidente Edo Ronchi
L’economia circolare come via d’uscita principale dalla crisi dei rifiuti. Un deciso sviluppo verso la circular economy in Italia porterebbe indubbi vantaggi per l’occupazione, le imprese, la spesa pubblica e l’ambiente. In termini di posti di lavoro, scelte coerenti con quello che le direttive europee impongono ai Paesi possono garantire almeno 50 mila occupati aggiuntivi. Politiche mirate al prolungamento della durata dei prodotti garantirebbero maggiore fatturato a vari settori, tra cui quello della conservazione, riparazione e affitto dei beni e della compravendita di prodotti: un incremento dell’1% di queste attività genererebbe un mercato aggiuntivo di quasi 1,2 miliardi in Italia. La spesa pubblica potrebbe diminuire semplicemente ampliando il sistema degli acquisti verdi della pubblica amministrazione: lo Stato potrebbe risparmiare fino al 6% della propria spesa se applicasse su larga scala gli appalti verdi. L’indice di efficienza dell’uso delle risorse potrebbe aumentare del 6,5%, consentendo di ridurre il fabbisogno di materia prima di circa 30 milioni di tonnellate all’anno. Infine, i nuovi obiettivi indicati dall’Europa con il pacchetto dell’economia circolare consentiranno di riciclare oltre 7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e di imballaggio in più rispetto al 2016, evitando la discarica o l’incenerimento.
Fonte:www.vita.it